Il Villaggio Manicomiale di San Nicolò, fondato nel 1871 per curare persone affette da malattie mentali, oggi è visitabile e rappresenta il simbolo di un passato controverso e un’occasione per riflettere su alcuni aspetti della psichiatria che restano attuali: l’impatto della malattia mentale sulla società e il confine a volte sottile tra necessità di cura e rispetto della dignità personale.
La storia del Manicomio di Siena
Il Manicomio di Siena fu inaugurato nel 1818 per offrire assistenza e cura ai pazienti affetti da malattie mentali. Era una struttura complessa, formata da diversi edifici, ciascuno con una funzione specifica. Il primo direttore fu Giuseppe Lodoli, che introdusse nuove metodologie terapeutiche basate sul lavoro e sull’educazione. Il nucleo originario era l’ex convento di San Niccolò, dove si trovava la Casa dei Matti fondata nel 1762. Qui si trovavano le sale di ricovero, la direzione, la cappella e il cimitero. Nel 1870 iniziò la costruzione di un nuovo edificio, progettato dall’architetto Francesco Azzurri, che ospitava i pazienti in padiglioni separati. Tra questi spiccava il padiglione Conolly, destinato ai pazienti più gravi, che aveva una forma circolare ispirata al modello del panopticon.
Un Villaggio per Lavorare
Intorno al manicomio si sviluppava il villaggio delle officine, dove i pazienti svolgevano attività lavorative di vario tipo, affiancati da artigiani qualificati: fabbri, calzolai, sarti, falegnami, vetrai e verniciatori. I padiglioni dedicati all’occupazione dei ricoverati, infatti, offrivano ai pazienti l’opportunità di sperimentare il lavoro manuale e queste attività non solo fornivano un senso di scopo e realizzazione per i pazienti, ma contribuivano anche all’autosufficienza economica del manicomio.
Il Padiglione Connelly
Uno dei padiglioni più significativi all’interno del Villaggio Manicomiale di San Nicolò è il Padiglione Connelly, costruito tra il 1870 e il 1876 su progetto dell’architetto Francesco Azzurri. Questo padiglione era dedicato alla cura e al trattamento dei pazienti più gravi e violenti, i cosiddetti “clamorosi”, così come anche gli anarchici e i dissidenti politici. Il suo nome deriva da quello dello psichiatra inglese John Conolly, che promosse terapie umane e non coercitive. Il padiglione aveva una forma circolare, ispirata al modello del panopticon, che permetteva di controllare tutti i pazienti da un punto centrale. Ogni paziente aveva una cella con una finestra e un piccolo giardino privato.
La Reclusione dei Bambini con Disabilità
Durante gran parte della sua storia, il Villaggio Manicomiale di San Nicolò ha anche ospitato bambini con disabilità mentali e fisiche. Questa pratica di reclusione era il risultato di un’epoca in cui le persone con disabilità venivano spesso stigmatizzate e considerate “diverse” dalla società. Questi bambini, a causa delle loro condizioni, venivano segregati e separati dal resto della comunità, al fine di proteggerli o, come si credeva all’epoca, di curarli. Una pratica ampiamente criticata nel corso degli anni, oggi riconosciuta come un grave abuso dei diritti umani.
100 mila pazienti in 180 anni di attività
Nel suoi 180 anni di attività, il manicomio ospitò un gran numero di persone affette da diverse patologie mentali. Secondo i dati disponibili, il numero massimo di ricoverati fu raggiunto nel 1939, quando si contavano 1.200 pazienti, mentre il numero minimo fu registrato nel 1998, quando si contavano solo 12 pazienti. La media annua dei ricoverati fu di circa 600 persone, per un totale stimato di oltre 100.000 persone che passarono per il manicomio nel corso della sua storia
Perché un Manicomio a Siena
La scelta di Siena come sede del Manicomio di San Nicolò non è casuale. La città di Siena è stata da sempre un importante centro culturale e artistico, e la sua atmosfera rilassante e tranquilla era considerata particolarmente adatta per favorire il processo di cura delle persone affette da malattie mentali. Inoltre, la posizione isolata del villaggio, circondato dalle colline toscane, offriva un ambiente protetto e pacifico per i pazienti.
La Chiusura nel 1999
Con il passare degli anni, i trattamenti psichiatrici sono notevolmente evoluti, portando a una progressiva riduzione dell’utilizzo dei manicomi tradizionali. L’ospedale psichiatrico di San Niccolò fu l’ultimo in Italia a chiudere definitivamente le sue porte il 30 settembre 1999. La chiusura fu il risultato di un lungo processo di de-istituzionalizzazione e de-ospedalizzazione, avviato con la legge 180 del 1978, nota come legge Basaglia, che aboliva i manicomi e promuoveva l’assistenza psichiatrica territoriale. Al momento della chiusura, i pazienti erano solo 12: tutti gli altri erano stati trasferiti in altre strutture o dimessi. Oggi l’ex manicomio è diventato sede universitaria e culturale ed è aperto al pubblico per visite guidate. La visita è molto interessante e offre un’opportunità unica per riflettere sulle sfide e i progressi nella cura delle persone con problemi di salute mentale nel corso dei secoli.